Contratti di Mutuo o di Leasing - Mancata pattuizione della legge finanziaria di capitalizzazione – indeterminatezza del contratto - Nota a recente Cassazione SSUU n. 15130 del 29-05-2024.
- Roberto Tempestini

- 19 gen
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Non sono condivisibili le conclusioni della Sentenza della Cassazione SSUU n. 15130 del 29 maggio 2024, ritenendole poco precise, contraddittorie e carenti di un adeguato fondamento scientifico e matematico. Tale posizione emerge non solo dalla lettura e rilettura del testo della sentenza, ma anche dall'analisi degli eventi e delle pubblicazioni accademiche che ne hanno preceduto e seguito la redazione. Le discussioni affrontate evidenziavano come le problematiche sollevate dai quesiti rimessi alla Suprema Corte, se non adeguatamente indirizzate oltre l'ambito tecnico-giuridico, avrebbero potuto generare significative ripercussioni per il sistema finanziario nazionale. In questo contesto, ritengo che tale recente giurisprudenza, precisando più volte di limitarsi ad esprimersi sulla relativa fattispecie, non solo non convince, ma confermi ulteriormente le criticità sollevate, almeno per tutte le altre casistiche escluse.
Le Sezioni Unite, sfruttando la loro autoreferenzialità, sembrano aver infatti brillantemente aggirato il problema su cui dovevano esprimersi mediante un'astuta soluzione che si è appoggiata all'ancora di salvataggio rappresentata dal piano di ammortamento che nella fattispecie era allegato al mutuo in esame, sovvertendo i principi giuridici di trasparenza, sorpresa, protezione e interpretazione a favore della parte più debole, scelta che la Corte ha ritenuto nel caso sacrificabile (come dire la meno peggio!). Non è infatti sostenibile l’affermazione che la pattuizione di un finanziamento deriverebbe da un allegato (il piano di ammortamento) e non dal contratto. E’ vero invece il contrario: è il contratto che costituisce la fonte primaria dell’accordo ed in supplenza vi sono le norme di legge, mentre l’allegato piano di ammortamento ne è un derivato, che se calcolato in modo errato non può certo esprime pattuizione. Per quanto vi era in gioco, tale soluzione adottata dal massimo Consesso è apparsa la migliore anche se a mio personale parere non tecnica e neppure giuridica.
La Corte, infatti, dopo avere più volte premesso ed esplicitato che queste Sezioni Unite non sono chiamate a pronunciarsi con riferimento ai piani di ammortamento relativi ai contratti di mutuo a tasso variabile” ….; neppure siamo chiamati a pronunciarsi sul tema relativo alle eventuali conseguenze della mancata allegazione o inserzione del piano di ammortamento nel contratto", afferma di essere chiamata ad esprimersi solamente per un ristretto caso (quello della fattispecie sottopostole) ovvero sulle seguenti questione: "se, in presenza di un mutuo a tasso fisso con piano di ammortamento c.d. «alla francese» allegato al contratto (nella specie, interamente onorato dalla debitrice e concluso), il contratto debba contenere, a pena di nullità, anche l’esplicitazione del regime di ammortamento, cioè delle modalità di rimborso del prestito (mediante rate fisse costanti comprensive di quote capitali crescenti e di quote interessi decrescenti nel tempo) e della eventuale maggiore onerosità del suddetto piano rispetto ad altri piani di ammortamento; se, in mancanza di detta indicazione, il contratto sia affetto da nullità parziale per indeterminatezza o indeterminabilità dell’oggetto del contratto (art. 1346 c.c.) e/o per violazione della trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti tra banca e clienti (art. 117 T.u.b.); quali siano le eventuali conseguenze di una simile nullità"[1].
In conseguenza di ciò la Cassazione esprime il principio di diritto che per la fattispecie esaminata “non si è presenza di indeterminatezza”, per il fatto che il mutuatario, essendo in possesso del piano di ammortamento a tasso fisso completo di rate, quote capitale ed interessi fin dall’origine, era in grado indirettamente di conoscere il costo del finanziamento. Solo per questo e non perché non fosse necessario pattuire in contratto tutti i fattori economici necessari per rendere determinato il costo del finanziamento e quindi anche l’indicazione esatta del tasso di interesse e della legge finanziaria applicabile. Ne deriva al contrario che queste indicazioni sono tutte senz’altro necessarie per i finanziamenti a tasso variabile o per quelli in cui è assente il piano di ammortamento completo di quote capitale ed interessi per rata, o per quelli dalle cui dalle pattuizioni economiche non sia possibile ricavare un piano di ammortamento univoco che riesca ad esprimere con certezza il costo del finanziamento.
La motivazione di Cassazione SSUU n. 15330/2024 è, come detto, contestabile sul piano giuridico e tecnico. Infatti, contraddice, senza ragione, precedente Cassazione a SSUU n. 24418/2010 che in ambito della medesima fattispecie “produzione di interessi su interessi non pattuiti”, aveva affermato, nell’ambito di rapporti bancari di conto corrente, principi del tutto diversi. Mentre la sentenza del 2010 stabiliva chiaramente l'assenza di una consuetudine legale che potesse giustificare la capitalizzazione trimestrale degli interessi, la decisione del 2024 introduce in modo astratto ed ancora “a sorpresa” un nuovo concetto non tecnico di "mutuo standardizzato". Questo termine, non rintracciabile nel contesto giuridico, tanto meno su quello matematico, parrebbe usato per giustificare una pratica bancaria non universalmente riconosciuta (una consuetudine?) di calcolare interessi in modo composto piuttosto che lineare. Tale approccio rende la sentenza n. 15330 del 2024 altamente vulnerabile.
La Cassazione a Sezioni Unite nel 2010 aveva già affrontato il tema degli interessi trimestrali sui conti correnti, evidenziando e vietando la pratica di addebitare interessi anatocistici non concordati. In seguito, il Legislatore ha consolidato questa posizione con la legge 14/2023, entrata in vigore il 30/09/2016, che ha definitivamente escluso la possibilità di capitalizzare automaticamente gli interessi su tali conti. Inoltre, tutti gli interessi precedentemente addebitati senza un esplicito accordo e in violazione della delibera CICR del 09/02/2000 sono considerati illegittimi e possono essere oggetto di ripetizione entro dieci anni dall'ultimo pagamento.
Analogamente, qualora simili pratiche fossero riscontrate in altri strumenti finanziari, come mutui e leasing, la loro proibizione dovrebbe seguire lo stesso principio. La capitalizzazione degli interessi, infatti, non dipende dal nome o dalla forma del finanziamento, ma dalla legge di capitalizzazione applicata nel calcolo degli interessi addebitati ai clienti bancari, sia che si tratti di correntisti, mutuatari o utilizzatori di leasing. Ciò è matematicamente facilmente dimostrabile.
[1] Il sottolineato e grassetto è opera del sottoscritto.











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